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La paura nutre la mafia

Lettura del libro “Il giudice e il bambino” di Dario Levantino

Sconfiggere la mafia non è proprio come combattere i mostri nei videogiochi, dove assumi la pozione magica e tutto torna a posto.
La mafia è una specie di mentalità tossica che si insinua dappertutto, come un’infiltrazione d’acqua: non la vedi, non la senti, ma intanto ti rovina i muri e ti fa marcire tutto.
E sai quando la noti? Quando ormai è troppo tardi.
Poi c’è il timore che è proprio il carburante della mafia, perché finché la gente non denuncia, la mafia se la ride sotto i baffi (che magari non ha, come succede nei film dove tutti girano con il baffo nero e la coppola). Anzi, loro contano proprio sul fatto che nessuno parli. Ad esempio, il negoziante che si sente dire: ”Se non paghi il pizzo ti facciamo chiudere bottega”. E lui cosa fa? Si spaventa, paga e tace, perché pensa che è meglio non fare troppo rumore. Ecco, questo è il problema: tacere.
La mafia si nutre della paura, della gente che pensa: “Tanto non cambierà mai nulla” e così zitta zitta fa quello che vuole.
Inoltre, c’è un’altra convinzione, quella che la lotta alla mafia sia solo compito dello Stato. Come se fosse una roba che riguarda i “grandi” e noi possiamo starcene seduti a guardare. Ma sì, come no! Sai com’è? Lo Stato può fare tanto; ma da solo non basta. Se non cambiamo noi, la mafia non si schioda.
È come dire:” Tanto ci pensa la mamma a pulire” mentre tu lasci tutto in giro: le scarpe, i calzini, il piatto con le briciole sul tavolo.
Ecco la mafia non sparisce da sola, e di certo non sparisce se ci limitiamo a sbuffare e dire che dovrebbero fare qualcosa.
Ma fare la nostra parte cosa vuol dire? Vuol dire non restare zitti. Magari non siamo investigatori o poliziotti, ma possiamo imparare a riconoscere le piccole ingiustizie, i soprusi, i ricatti anche piccoli, e dire “No, questa cosa non va bene”. E non è un comportamento da eroi, eh! Non per forza dobbiamo metterci un mantello e diventare Batman. Si tratta solo di non accettare il sopruso, di non fare finta di niente. Come quando vedi qualcuno che tratta male un amico e non lasci correre.
Quindi, il primo passo è davvero tutto lì: avere il coraggio di dire basta alle ingiustizie anche a quelle che sembrano piccole. Perché combattere la mafia non è un lavoro solo per
lo Stato o per la polizia: riguarda tutti noi. Basta abbassare la testa, fare finta di niente o aspettare che qualcun altro ci pensi per noi.
Eh no, non diventeremo santi o eroi. Ma almeno possiamo dire di non essere complici, di non aver lasciato che fosse sempre qualcun altro a occuparsene.


Giulia Di Tinco 3^C